mercoledì 26 giugno 2013

l'entusiasmo dei triestini per il ritorno dell'Italia

Avete presente le foto che documenterebbero l'entusiasmo dei triestini per il ritorno dell'Italia nel 1954?
Folle oceaniche di gente in festa per accogliere i bersaglieri...

Eppure, tra i vecchi triestini, è dura trovarne uno che ammetta di esser sceso in piazza a festeggiare... tutti con n "mi son restado a casa, coi scuri seradi. No iera niente de festeggiar..."
E leggende metropolitane, che raccontano di treni speciali fatti arrivare dal veneto, carichi di gente a cui era stata in qualche maniera offerta la "gita" a Trieste...

Ma come è possibile? I triestini DOVEVANO essere entusiasti per la redenzione alla madrepatria...

Ebbene, le bugie hanno le gambe corte.
Da poco tempo (2011) il Poligrafico dello Stato ha dato alle stampe un poderoso volume, "I DOCUMENTI
DIPLOMATICI ITALIANI- UNDICESIMA SERIE: 1948-1953 - VOLUME V (1° novembre 1950 – 25 luglio 1951)"
Si tratta di corrispondenza diplomatica, in cui si sprecano i "riservato", "segretissimo" e simili; ma ormai sono passati 60 anni, e sono stati da poco desecretati.
E' disponibile gratuitamente, lo potete scaricare dal link sopra riportato.
Interessantissimo: in 855 pagine, la parola Trieste compare 344 volte: quindi, Trieste all'epoca era uno proprio dei leit-motiv della diplomazia nazionale...
E così troviamo in mezzo delle perle eccezionali:
Ad esempio, il 13 gennaio 1951 il rappresentante a Trieste, Carrobbio, scrive al capo del (famigerato) "Ufficio per le zone di confine della presidenza del consiglio":
 ...in occasione delle manifestazioni del 3 e 4 novembre, che erano state preparate in modo tale da conferire loro un tono di particolare solennità, è stata notata la mancanza quasi assoluta di entusiasmo da parte dei triestini
Altre perle seguiranno nei prossimi giorni (forse, dal loro punto di vista, avrebbero fatto meglio a mantenere questi documenti segreti ancora per una ventina d'anni...)
Aspettiamo che siano disponibili anche quelli del 1954: penso che lì ne troveremo proprio delle belle...

mercoledì 19 giugno 2013

risposta a Stefan Cok

Ieri è successo un fenomeno straordinario: su "il piccolo" è comparsa la parola "TLT".
Dopo mesi durante i quali "il piccolo" ha pervicacemente ignorato migliaia di triestini che hanno firmato richiedendo la nomina del governatore per il Territorio Libero di Trieste ed il ripristino della legalità, manifestazioni di piazza con centinaia di partecipanti, e le più svariate attività sul territorio... ieri hanno ceduto, ed hanno pubblicato qualcosa a questo proposito.

Non sono ovviamente venuti meno ad una regola non scritta del giornalismo italiano: se devi pubblicare qualcosa su un determinato argomento, evita accuratamente di rivolgerti a chi è competente in materia. Il piccolo, fedele a questa tradizione, ha quindi lasciato spazio ad uno scritto a firma del segretario provinciale del PD. Sono stati bravi, perché effettivamente trovare oggi a Trieste qualcuno che abbia di questo argomento una conoscenza più superficiale e fallace è effettivamente molto, ma molto difficile.

Ma accontentiamoci...

Andiamo qui a rispondergli (e lo facciamo qui, e non altrove, a causa di un'altra tradizione, questa volta caratteristica del PD: il PD è assolutamente allergico a qualsiasi confronto in internet, a qualsiasi livello. Quindi, anche l'autore si trincera dietro una pagina facebook "blindata" (in cui sono ammessi i commenti solo ed esclusivamente dei suoi amici: si sa mai che qualcuno osasse commentare in maniera non allineata...) e ad un blog su Tumblr (sul quale è semplicemente impossibile commentare).

Riportiamo il suo testo, e commentiamolo...

In una parte del mondo in cui i fenomeni carsici sono all’ordine del giorno non dovrebbe stupire più di tanto che interi stati possano sparire per decenni per poi riemergere magicamente nel dibattito politico. Mi riferisco al Territorio Libero di Trieste, tornato alla ribalta dopo anni di oblio tranne che per chi si occupa di studi storici.
Fin qui poco da dire. Anche se magari sarebbe stato bello approfondire un po' i motivi per cui proprio adesso c'è questo nuovo risorgimento triestino. Vabbeh, un'occasione perduta: in questo il PD è specialista.

Sotto le sue bandiere (molto variegate, si va da quella dell’Onu a qualche improbabile leone di San Marco per finire con qualche rosso-bianco-rossa dal sapore antico) si riuniscono persone molto diverse. 
A conoscere la storia del Territorio Libero di Trieste si capirebbe anche il perchè delle bandiere ONU, oltre che a quelle rossoalabardate.
L'"improbabile" (chissà poi perchè) vessillo con il Leone di San Marco è degli indipendentisti veneti, che hanno partecipato per solidarietà ad alcune manifestazioni del Movimento Trieste Libera.
Altre bandiere non se ne sono viste...
(Peraltro, è nota la sobrietà ed omogeneità degli stendardi che caratterizzano le manifestazioni del PD, vero?)


Autonomisti, persone che ritengono che per tutta una serie di motivi i vari governi nazionali succedutisi non abbiano dato risposta ai problemi di questa città, persone ancora che vedono nel sostegno al TLT una piccola isola di internazionalismo in una scena politica che ormai di questa parola non si ricorda più.
Aggiungerei (e sono la maggioranza): persone che, dopo aver scoperto di esser stete prese in giro per 60 anni, hanno detto pacatamente: "Adesso basta!"
Un fenomeno che pone però, aldilà della curiosità che può suscitare, alcuni interrogativi:
Domandare è lecito, rispondere cortesia.
Avresti potuto approfondire magari un po' i tuoi studi, leggere e studiare un po' di più l'argomento, ed evitare di porre domande banali. Ma tant'è...
ci si potrebbe chiedere, per esempio, quanto la riproposizione di un’ipotesi fantascientifica come il Territorio Libero (solo per citare alcuni problemi:
Fantascientifico? Cosa c'è di fantascientifico nel ripristino della legalità? Ah si, è vero, il "ripristino della legalità" in Italia è effettivamente fantascienza.
Fortunatamente è un problema che non ci riguarda perchè - se non si fosse capito - Trieste non è Italia, e soprattutto non ne condivide la decadenza morale.
a)che fare della zona B? diciamo a Slovenia e Croazia di andarsene dall’Istria? Auguri...;
La zona B del Territorio Libero di Trieste ha una storia differente rispetto alla zona A: ed anche i problemi sono differenti, e quindi andranno risolti in maniera differente.
A noi, cittadini della zona A, spetta risolvere innanzi tutto i nostri e - nel caso - aiutare quelli della zona B a trovare una soluzione per i loro problemi.
(Per inciso, comunque, anche nella zona B comincia ad esserci un certo fermento a questo proposito...)  
b)il TlT fa parte dell’Unione Europea o dovrebbe negoziare l’eventuale adesione, al pari di stati come Albania e Serbia?;
Ahi ahi ahi, ma allora non lo abbiamo proprio letto il trattato di pace, eh?
Il Territorio Libero di Trieste non può far parte di nessuna confederazione di stati, e quindi non può appartenere alla UE.
 
c)che moneta avrebbe?;
Anche qui: leggere il trattato di pace aiuterebbe.
Il Territorio Libero di Trieste avrà una propria moneta.
d)abbiamo proprio voglia di circondare Trieste con un confine in tutte le direzioni? Sentiamo tanta mancanza dei confini?)
 Basta verificare quale è il ruolo che il trattato di pace e la Storia assegnano a Trieste per capire che i suoi confini saranno meramente amministrativi, e necessari a tutelare quella libertà che (omen nomen) contraddistingue il TLT.
L'unica preoccupazione, per gli stati confinanti, è che l'esportazione di libertà dal TLT non sarà soggetta a dazi, e quindi potrebbe aver conseguenze preoccupanti per il loro status quo.

finisca per favorire quegli stessi gruppi di potere che, blandendo i triestini su alcune corde sensibili, il radicato autonomismo e un po’ di vittimismo nei confronti dello Stato, seppero conquistarsi un posto al sole che aprì la strada a più di vent’anni di presenza politica e di condizionamento significativo dello sviluppo della città.
La prosa è involuta e selvaggia, e seguirla non è facile.
Un argomento per volta:

  • il fatto che l'autonomismo sia "radicato" dovrebbe far riflettere sulla fondatezza delle istanze del TLT, e non il contrario;
  • di "vittimismo nei confronti dello stato" si prega di andare a tacciare, ad esempio, le decine di migliaia di triestini costretti ad emigrare altrove a causa della pessima amministrazione provvisoria del Governo  italiano; dopo, magari, ne riparliamo ed approfondiamo, eh?

Negli anni Ottanta, progressivamente, le istanze di cambiamento, di autonomia, di rilancio di Trieste vennero piegate alla creazione di consensi elettorali di lunga durata;
 Vero. E' stato infatti il modo con cui l'Italia è riuscita a garantirsi altri vent'anni di impunita pessima amministrazione del territorio. Oggi il giochetto non le riuscirà più (anche perchè le istanze a questo punto sono molto più radicali)
c’è da chiedersi se fra qualche anno scopriremo che stiamo assistendo in piccolo allo stesso processo, volto ora non alla creazione del consenso ma alla conservazione, spesso a onor del vero inconsapevole e fatta in buona fede, dello status quo.
Considerato che il PD (ed i suoi numerosi, camaleontici antesignani) è stato parte attiva di questo "processo" gattopardesco, è davvero singolare che vengano mosse queste obiezioni. verrebbe da dire "da che pulpito..."

La questione vera alla quale forse dovremmo dare risposta è quindi la seguente:
"Dovremmo"? "Dovremmo" chi? Voi del PD, voi della classe politica attuale?
L'unica risposta che voi avete dato negli ultimi decenni è stata sempre "quarantadue". Con l'aggravante che - esattamente come nel libro di Douglas Adams - non avete neppure idea di quale sia la domanda.
 
quanto dietro a questa singolare idea del Territorio Libero vi stia in realtà il rischio (o forse la speranza per alcuni...) che in fondo in fondo tutto resti così com’è.
...mentre invece magari c'è proprio bisogno di mettere un freno alla travolgente spinta innovativa che ha caratterizzato tutta la classe politica triestina negli ultimi vent'anni... (ed i risultati di questa spinta innovativa sono sotto gli occhi di tutti, ovviamente)
Allora, ricostruiamo l'assurdo ragionamento: le istanze dei Triestini per il ripristino della legalità e del TLT sono fantascientifiche, e sono in realtà tese a mantenere immobilisticamente lo status quo, impedendo alla città di decollare sull'onda delle villette a schiera che altrimenti verrebbero costruite in Punto Franco Nord. E' questo il ragionamento?
Cribbio, Tommasi di Lampedusa era un dilettante, al tuo confronto...
Che (facendo solo alcuni esempi di una lunga serie) il porto della città continui ad avere il suo Piano Regolatore chiuso in un cassetto a Roma;
Ah si, infatti: ecco la conferma. Niente piano regolatore, niente villette a schiera, niente decollo!
che continuiamo a dirci che con il suddetto porto va tutto bene perché i traffici ammontano a “tot”: dimenticandoci che in quel “tot” la parte del leone la fanno i combustibili
... sui quali peraltrol'Italia guadagna a sbafo cifre a 8 zeri...
e dimenticandoci anchela quota di container che a Trieste si spostano solo da nave a nave,
... e sorvolando sul fatto che una delle istanze del Movimento Trieste Libera riguarda lo sviluppo della "portualità allargata", in sinergia con un reparto manufatturiero che dovrebbe svilupparsi proprio in Punto franco Nord (al posto delle villette a schiera). Anche perchè è risaputo che sul traffico container non c'è trippa per gatti.

“gonfiando” di fatto le statistiche; che Porto Vecchio resti così com’è, un romantico ricordo che consenta a noi triestini veraci di ricordare dal Molo Audace (San Carlo per i nostalgici che la sanno lunga) quanto era grande la città quando c’era Franz o (è la moda del momento) quando c’era il generale Whinterton.
Vabbeh, puri fiorellini decorativi dialettici, per mascherare la mancanza di argomenti a suffragio di questa sorprendente (oltre che inverosimile) tesi.
È una questione che riguarda tutte le forze politiche:
Che infatti fino adesso l'hanno pervicacemente ignorata
per quanto riguarda il Partito Democratico a essa va data risposta
Quale risposta? Sempre "quarantadue" ?
spiegando perché non è vero che il TlT rappresenti una prospettiva reale
Ecco, bravo: comincia con il leggere il trattato di pace, il memorandum di Londra ed il trattato di Osimo.
Dopo, se ci riesci, spiegacelo.
E magari dopo vallo anche a spiegare ad un po' di magistrati che, in tribunale a Trieste, a questo proposito stanno annaspando non sapendo bene che pesci pigliare...
e andando a fondo a vedere la situazione del Porto di Trieste,
"andando a fondo"... infatti, è quello che fino ad oggi avete fatto:  indifferente se per incapacità, per dolo, per ignoranza, per colpa, avete solo affondato il porto di Trieste, primo motore dell'economia cittadina.
sia per quanto riguarda l’attività portuale vera e propria sia per quanto riguarda l’esigenza, vera e ineludibile, di aprire Portovecchio alla città.
Eh si, lo vogliamo capire una buona volta che SENZA LE VILLETTE A SCHIERA IN PUNTO FRANCO NORD NON SI VA DA NESSUNA PARTE?!

Badando soprattutto a fare in modo che Trieste e il suo porto trovino il loro giusto spazio nel panorama regionale, nazionale e possibilmente internazionale
L'Italia ha ereditato il primo porto del Mediterraneo e, in pochi decenni, è riuscita a ridurlo ai minimi termini.
La sua pretesa di "trovargli il giusto spazio" (quale?) "nel panorama regionale, nazionale e possibilmente internazionale" è pateticamente ridicola.
e questo è il compito che i rappresentanti del Partito Democratico a tutti i livelli dovranno perseguire.
Bla bla bla ... quarantadue ... bla bla bla...
Sarebbe utile e segno di onestà intellettuale se anche le altre forze politiche si chiarissero (magari rapidamente) su tali punti,
No, scusa, fammi capire: versate in totale stato confusionale (a tutti i livelli: comunale, provinciale, regionale, nazionale), non conoscete il trattato di pace nè gli altri trattati che regolamento il TLT ed il Porto Libero... E PRETENDETE CHE SIANO LE ALTRE FORZE POLITICHE A CHIARIRSI?!?!
I primi a doversi chiarire (fra di voi, ma soprattutto ai cittadini) siete proprio voi.
perché se intendiamo passare il tempo a dissertare se il territorio che va da Duino a Cittanova in Istria faccia parte di Italia, Slovenia e Croazia o no si ha come l’impressione che l’unico risultato che otterremo sarà di aver aggiunto l’ennesimo capitolo alla triste storia delle occasioni e del tempo persi da questa città.
Ecco, facciamo così: voi del PD passate il vostro tempo a dissertare, dissentire, ragionare, e sproloquiare.
Nel mentre, noi triestini facciamo il Territorio Libero di Trieste.
Vi invitiamo solo ad interferire il meno possibile. Grazie.

lunedì 17 giugno 2013

triste primato di non-evasione fiscale a Trieste

Uno dei motivi della situazione disastrosa in cui versa Trieste è nella asburgica pervicacia e precisione con cui i triestini si ostinano a voler rispettare le assurde, contraddittorie e folli leggi italiane.
E' inutile, il rispetto non solo della legge, ma delle regole in senso lato noi ce l'abbiamo nel sangue, è più forte di noi, non siamo capaci di violarle.
Anche quando si tratti di far fronte ad un'imposizione fiscale che ha raggiunto limiti folli ed insostenibili (ed aggravata dal fatto che, checché ne dica l'Agenzia delle Entrate, queste imposte sul Territorio di Trieste non sono dovute).
Ebbene, nonostante tutto ciò si scopre che Trieste vanta il (a questo punto poco invidiabile) primato di città più virtuosa d'Italia nel pagamento delle imposte.
Già, è Il Sole 24 Ore a rivelarlo, attraverso uno studio redatto dal Centro Studio Sinesi: a Trieste solo l'8% dei contribuenti può esser sospettato di una qualche irregolarità fiscale, a fronte di una media nazionale del 20,7%; la media della pur artificiale regione Friuli Venezia Giulia è del 12,9% (18° in classifica), mentre la "palma negativa" spetta a Crotone, dove questa percentuale sale al 44%.





venerdì 14 giugno 2013

il trattato di Osimo - 4 - l'accordo economico

ACCORDO SULLA PROMOZIONE DELLA COOPERAZIONE ECONOMICA TRA LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA SOCIALISTA FEDERATIVA DI JUGOSLAVIA (1)


Nell'intento di sviluppare la cooperazione economica e tecnica ed in particolare di migliorare le condizioni di vita delle popolazioni di frontiera dei due Paesi, le Parti contraenti hanno convenuto quanto segue:

Articolo 1
Ognuna delle Parti attribuirà sul proprio territorio i terreni indicati nel Protocollo allegato (Allegato I), ad una zona franca alla quale sarà esteso il regime delle merci dei «Punti franchi di Trieste», conformemente alle modalità previste dal citato Protocollo.

Articolo 2
I due Governi istituiscono una Commissione mista permanente per l'idroeconomia, incaricata di studiare tutti i problemi idrologici di interesse comune e di proporre soluzioni idonee in materia, in vista di assicurare il miglioramento degli approvvigionamenti di acqua e di elettricità in relazione alle obbligazioni derivanti dagli Accordi e Trattati stipulati tra le due Parti.
I due Governi stipuleranno nel più breve tempo possibile un Accordo che regoli la composizione, le competenze e le norme di procedura della Commissione.

Articolo 3
I due Governi attribuiscono una importanza particolare alla regolarizzazione del regime delle acque dei bacini dell'Isonzo, dello Judrio e del Timavo ed al loro sfruttamento per la produzione di energia elettrica per l'irrigazione ed altri usi civili senza pregiudizio alcuno degli obblighi derivanti dagli Accordi e Trattati stipulati tra le due Parti.
A tal fine, i due Governi raccomanderanno alle loro rispettive organizzazioni economiche di cooperare, per mezzo di joint ventures, nella costruzione ed utilizzazione comuni di impianti per la produzione di energia elettrica.
Nel quadro di questa cooperazione, presenta un interesse particolare la costruzione, nei pressi di Salcano, di una diga sull'Isonzo e di un impianto idroelettrico.
Qualora la costruzione di questo impianto non dovesse sembrare conveniente dal punto di vista tecnico o economico, si provvederà a costruire, per mezzo di joint ventures, un bacino in territorio jugoslavo, destinato a migliorare il regime delle acque dell'Isonzo e ad irrigare i terreni situati in territorio italiano a sud di Gorizia. La decisione relativa alla possibilità di costruire l'impianto idroelettrico succitato sarà presa entro un anno dall'entrata in vigore del presente Accordo, susseguentemente, si passerà alla fase operativa nel più breve tempo possibile.
Sarà inoltre esaminata la possibilità di regolarizzare ed accumulare le acque della Rosandra al fine di utilizzarle per l'economia della città di Trieste. (2)

Articolo 4
Le due Parti si impegnano a finanziare, ciascuna per la parte relativa al proprio territorio, gli studi necessari per valutare l'opportunità tecnica ed economica e la possibilità di costruire una via navigabile Monfalcone-Gorizia-Lubiana e di collegarla alla rete navigabile dell'Europa centrale ed al Mar Nero. Al fine di coordinare questi studi, sarà costituita una apposita Commissione mista.

Articolo 5
Al fine di agevolare il traffico stradale, le due Parti collegheranno l'autostrada Venezia-Trieste-Gorizia-Tarvisio alle strade Nuova Gorizia-Postumia-Lubiana, Fernetti-Postumia e Erpelle-Cosina-Fiume. (3)
Le due Parti esamineranno anche tutte le possibilità di agevolare il traffico di frontiera, soprattutto nelle regioni turistiche, e decideranno di comune accordo le misure da adottare al riguardo.

Articolo 6
Al fine di assicurare un collegamento stradale diretto tra le regioni jugoslave del Collio e di Salcano, sarà costruita una strada carrozzabile asfaltata, entro due anni a partire dalla data di entrata in vigore del presente Accordo, secondo il tracciato indicativo risultante dalla carta allegata al presente Accordo (Allegato II).
Una Commissione mista italo-jugoslava sarà incaricata di elaborare il progetto tecnico dei lavori e di redigere il regolamento relativo all'uso della strada suddetta.
Tale strada, secondo le modalità che saranno convenute tra le Autorità di polizia e di dogana dei due Paesi, sarà aperta al libero transito civile jugoslavo senza sosta in territorio italiano. Le responsabilità relative al controllo della circolazione sulla strada in questione saranno affidate alle Autorità jugoslave competenti secondo le modalità e alle condizioni che saranno stabilite di comune accordo tra le competenti Autorità italiane e jugoslave.
Il regime previsto al terzo comma del presente articolo resterà in vigore per un periodo di 25 anni rinnovabile tacitamente per periodi successivi della durata di 10 anni ciascuno, salvo denuncia preventiva da farsi due anni prima di ciascuna scadenza.
La Commissione mista citata al secondo comma del presente articolo sarà anche incaricata di esaminare il progetto tecnico relativo alla strada da costruirsi per collegare i villaggi di Ruane di Luico e di Cambresco in territorio jugoslavo, alle condizioni stabilite nell'Allegato III.

Articolo 7
Le due Parti incoraggeranno una cooperazione stretta e permanente tra i porti dell'Adriatico nel Nord al fine di realizzare, in maniera razionale e coordinata, attraverso la specializzazione ed altre forme di cooperazione, il miglioramento delle installazioni e degli impianti dei porti suddetti, l'incremento delle loro capacità, la riduzione dei costi di gestione e l'ampliamento armonizzato della loro capacità concorrenziale per l'approvvigionamento dei Paesi terzi.
A tal fine le due Parti raccomanderanno alle Autorità portuali interessate di stabilire dei programmi concreti di cooperazione.

Articolo 8
Le due Parti collaboreranno tra loro, anche mediante la partecipazione degli organi locali interessati, in materia di protezione del mare Adriatico contro l'inquinamento e nel campo dei problemi ecologici.

Articolo 9
Le due Parti procederanno di comune accordo alla elaborazione degli studi necessari allo sviluppo della cooperazione economica nelle regioni di frontiera.

Articolo 10
Le due Parti sottolineano il loro interesse comune ad accelerare lo sviluppo delle loro relazioni economiche, in particolare modo attraverso la cooperazione industriale di lungo periodo, in tutte le forme possibili, comprese le joint ventures, e mediante una cooperazione più ampia nel campo degli scambi tecnologici, e le ricerche e l'utilizzazione comuni delle risorse economiche di base e delle fonti di energia.
Nel quadro della legislazione in vigore le due Parti sono parimenti interessate a stabilire dei programmi di lungo periodo e ad utilizzare razionalmente le risorse agricole.
In questo quadro, le due Parti incoraggeranno la conclusione di accordi tra le organizzazioni economiche italiane e jugoslave, con particolare riferimento ai seguenti settori:
- energia elettrica;
- petrolio e gas naturale;
- minerali metallici e non metallici e in particolare materie fossili;
- legno e cellulosa.
Questa cooperazione sarà realizzata mediante accordi particolari, nel quadro del Comitato misto intergovernativo per la cooperazione economica, scientifica e tecnica.

Articolo 11
Il presente Accordo sarà ratificato non appena possibile ed entrerà in vigore il giorno dello scambio degli strumenti di ratifica, contemporaneamente al Trattato firmato in data odierna tra i due Paesi.

Lo scambio degli strumenti di ratifica avrà luogo a Belgrado.

Fatto ad Osimo (Ancona) il 10 novembre 1975 in due originali in lingua francese.

Per il Governo della Repubblica Italiana: M. RUMOR
Per il Governo della Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia: M. MINIC



Allegato I
PROTOCOLLO SULLA ZONA FRANCA (4)
Nell'intento di contribuire allo sviluppo industriale della città di Trieste e delle regioni di frontiera dei due Paesi e di incrementare l'occupazione delle popolazioni di queste regioni, le Parti contraenti hanno convenuto quanto segue:

Articolo 1
I terreni attribuiti alla Zona franca (in appresso, la Zona) in conformità con l'articolo 1 dell'Accordo sulla promozione della cooperazione economica tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia sono compresi nei seguenti limiti:
- in territorio jugoslavo: tra la linea ferroviaria Sesana-la frontiera di Stato, la frontiera di Stato stessa e la strada Basovizza-Lipizza-Sesana;
- in territorio italiano: tra la linea ferroviaria a partire dalla frontiera di Stato fino all'incrocio con la strada Fernetti-Opicina, la strada Fernetti-Opicina, la strada Opicina-Basovizza, la strada Basovizza-frontiera di Stato e la frontiera di Stato stessa.
All'interno di queste delimitazioni, la configurazione precisa dei terreni attribuiti alla Zona sarà stabilita da una Commissione mista italojugoslava da nominarsi entro due mesi a partire dalla data di entrata in vigore del presente Protocollo.
Sui terreni in questione, verrà applicato il regime dei «Punti franchi di Trieste» secondo le modalità stabilite nel presente Protocollo.
Quanto sopra non comporta pregiudizio alcuno alla frontiera tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia.

Articolo 2
Nell'ambito della Zona potranno essere esercitate, senza alcuna restrizione, imposta o diritti di dogana, tutte le operazioni relative all'ingresso e all'uscita di materiali e merci ed al loro stoccaggio, commercializzazione, manipolazione, trasformazione, compresa la trasformazione di tipo industriale.
Le merci provenienti da Paesi diversi dalla Repubblica Italiana e dalla Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia, introdotte nella Zona saranno considerate al di fuori dei territori doganali italiano e jugoslavo; se provengono da uno dei due territori saranno considerate come definitivamente uscite dalla Repubblica Italiana e dalla Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia.
Le merci dei due Paesi o quelle sdoganate nei due Paesi e successivamente introdotte nella Zona saranno considerate, dal punto di vista doganale, come definitivamente esportate, a meno che su richiesta degli interessati, esse non vengano sottoposte ad un controllo doganale e fiscale permanente al fine di conservare la nazionalità.
I prodotti petroliferi ed i combustibili in generale, destinati al consumo in stabilimenti industriali situati nella Zona, andranno esenti da diritti di dogana e da sovraimposte di frontiera, qualora provengano da Paesi terzi, ovvero dalle imposte italiane sulla produzione se di produzione italiana e dalle corrispondenti imposte jugoslave se di produzione jugoslava.
L'energia elettrica, impiegata negli stabilimenti sopra menzionati, sarà del pari esonerata dalle imposte sul consumo.
Il regime fiscale e doganale speciale della Zona non sarà applicato:
a) alle merci provenienti da Paesi terzi qualora vengano impiegate o consumate all'interno della Zona, salvo per quanto previsto relativamente ai prodotti petroliferi, ai combustibili ed all'energia elettrica;
b) ai materiali da costruzione e da installazione ed ai mobili.
Per ciò che attiene alle merci la cui introduzione nella Zona è sottoposta al pagamento dei diritti di dogana questo pagamento sarà effettuato direttamente alle autorità doganali del Paese nel territorio del quale le merci sono introdotte.

Articolo 3
Le merci per le quali non è ammesso l'ingresso nella Zona così come le attività di trasformazione delle quali non è permesso l'esercizio nella Zona stessa, saranno indicate dalla Commissione mista italo-jugoslava menzionata all'articolo 1 del presente Protocollo.
Il Comitato misto citato all'articolo 7 potrà tuttavia autorizzare deroghe a questa disposizione dopo aver ottenuto il parere favorevole delle autorità competenti dei due Paesi.

Articolo 4
Le merci in relazione alle quali è previsto per l'ingresso nella Zona un controllo doganale e fiscale permanente, qualora siano destinate ad essere esportate nella Comunità Economica Europea o nella Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia, saranno sottoposte rispettivamente alle disposizioni doganali dei «Punti franchi di Trieste» ovvero a quelle in vigore nella Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia in materia di circolazione, stoccaggio, manipolazione e trasformazione delle merci; fra queste sono comprese anche le disposizioni italiane o jugoslave sul controllo e la repressione delle infrazioni.
Le merci per le quali non è richiesto il controllo doganale e fiscale permanente al momento del loro ingresso nella Zona, perché destinate a Paesi diversi dalla Comunità Economica Europea o dalla Repubblica Federativa Socialista di Jugoslavia, saranno sottoposte alle disposizioni doganali dello Stato sul territorio del quale è situato lo stabilimento cui sono destinate.
Per ciò che attiene alla repressione delle attività illegali, del contrabbando e di ogni altro reato, ciascun Paese applicherà le sue proprie leggi nella parte della Zona che si trova nel proprio territorio. Le competenti Autorità delle due Parti collaboreranno tra loro per attuare tale repressione.

Articolo 5
I rapporti di lavoro e le questioni fiscali e di cambio relativi agli stabilimenti situati nella Zona, sono sottoposti alla legislazione dello Stato in cui ha sede l'impresa da cui dipendono detti stabilimenti.
Il controllo dell'osservanza delle disposizioni in vigore nella materia summenzionata è di competenza delle autorità dello Stato di cui viene applicata la legislazione.

Articolo 6
I diritti reali sui beni immobili situati nella Zona saranno retti dalla legislazione dello Stato sul territorio del quale sono situati gli immobili stessi.
I diritti sui beni mobili sono sottoposti alla legislazione dello Stato in cui ha sede l'impresa da cui dipende lo stabilimento.

Articolo 7
La Zona è amministrata da un Comitato misto italo-jugoslavo costituito da tre rappresentanti dell'«Ente Zona Industriale di Trieste» e da un numero uguale di rappresentanti del corrispondente organismo jugoslavo.
A questo Comitato sono conferite le attribuzioni seguenti:
a) proporre alle competenti autorità dei due Paesi il piano urbanistico della Zona, elaborarlo e curare la sua realizzazione nei modi e con i mezzi ritenuti più opportuni;
b) esercitare gli altri compiti previsti dal presente Protocollo e dalle sue disposizioni aggiuntive;
c) esercitare gli altri controlli che gli saranno affidati di comune accordo dall'«Ente Zona Industriale di Trieste» e dal corrispondente organismo jugoslavo nel quadro delle loro rispettive competenze.

Articolo 8
I due Governi faciliteranno la realizzazione della Zona adottando, ciascuno sul proprio territorio, tutte le misure di propria competenza affinché gli organi responsabili assicurino alla Zona l'approvvigionamento di acqua, di energia elettrica e di gas, ed inoltre le telecomunicazioni ed il collegamento stradale e ferroviario della Zona con le linee di comunicazione nazionali.

Articolo 9
I cittadini delle due Parti contraenti avranno pari diritto all'impiego negli stabilimenti esistenti nella Zona.

Articolo 10
La circolazione delle persone all'interno della Zona attraverso la frontiera di Stato tra Italia e Jugoslavia è libera.

Articolo 11
Le disposizioni aggiuntive necessarie al funzionamento della Zona verranno adottate con atti separati.

Articolo 12
All'interno della Zona, le lingue italiana e slovena saranno su un piano di uguaglianza. Le modalità del loro impiego saranno indicate dal Comitato misto italo-jugoslavo previsto all'articolo 7 del presente Protocollo.

Articolo 13
Ogni questione che non sia regolata dal presente Protocollo o dalle sue disposizioni aggiuntive sarà sottoposta alla legislazione nazionale dei territori rispettivi delle due Parti.

Articolo 14
Il presente Protocollo è valido per una durata di trenta anni a partire dalla data della sua entrata in vigore e sarà tacitamente rinnovato per tacita riconduzione per periodi successivi di cinque anni.
Ciascuna Parte potrà denunciare il presente Protocollo alla scadenza del periodo di trenta anni dandone all'altra Parte un preavviso di tre anni. Se la validità del presente Protocollo sarà prorogata, ciascuna Parte potrà denunciarlo allo spirare di ciascun periodo di cinque anni, dandone all'altra Parte un preavviso di almeno un anno.

Fatto ad Osimo (Ancona) il 10 novembre 1975 in due originali in lingua francese.

Per il Governo della Repubblica Italiana: M. RUMOR
Per il Governo della Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia: M. MINIC

Si omette la carta topografica dell'allegato II.
Si omettono gli allegati III e IV.


(1) è curioso che, mentre del trattato di Osimo vero e proprio si ritrova il testo in internet su parecchi siti (ad es. Wikipedia), il relativo "Accordo economico" (sottoscritto assieme al trattato, e che ne costituisce parte integrante, anche se in un atto formalmente disgiunto) sia praticamente introvabile.
Il testo che ho riportato qui è tratto da http://unmig.sviluppoeconomico.gov.it/unmig/norme/73l77.htm

(2) Si, indubbiamente trasformare la val Rosandra in un bacino idroelettrico è una gran bella idea.
Come facciamo a non ammirare la sagacia e la lungimiranza di chi ha fatto questa proposta?

(3) degno di nota, perché si tratta di uno dei pochissimi punti di questo accordo che hanno poi trovato effettiva attuazione.

(4) la questione di questa "zona franca industriale" a cavallo del confine all'epoca suscitò (giustamente) scalpore e scandalo tra i triestini. L'opposizione alla realizzazione della ZFIC costituì il cavallo di battaglia su cui la Lista per Trieste costruì poi le proprie fortune politiche, ottenendo un consenso trasversale da parte di una larghissima parte della popolazione. Riuscì nell'intento di non farla realizzare, salvando così il Carso da uno scempio inconcepibile, ma fu anche un'opportunità perduta, perché ben presto imbrigliò la protesta triestina in sedi istituzionali, svuotandola e svilendola.
Visto che i più giovani non sanno neppure cosa fosse la ZFIC, mi riprometto di scrivere un post specifico per illustrare questa mostruosità.

sabato 8 giugno 2013

il trattato di Osimo - 3 - testo commentato

Le parti contraenti

Convinte che la cooperazione pacifica e le relazioni di buon vicinato fra i due Paesi ed i loro popoli corrispondono agli interessi essenziali dei due Stati,

Considerando che gli accordi che esse hanno concluso finora hanno creato condizioni favorevoli allo sviluppo ulteriore ed all'intensificazione delle relazioni reciproche,

Convinte che la uguaglianza fra Stati, la rinuncia all'impiego della forza ed il rispetto conseguente della sovranità, dell'integrità territoriale e dell'inviolabilità delle frontiere, il regolamento pacifico delle controversie, la non ingerenza negli affari interni degli altri Stati, il rispetto dei diritti fondamentali e delle libertà, unitamente all'applicazione in buona fede di ogni obbligo internazionale, rappresentano la base della salvaguardia della pace e della sicurezza internazionale e dello sviluppo delle relazioni amichevoli e della cooperazione fra gli Stati.

Confermando la loro lealtà al principio della protezione, la più ampia possibile dei cittadini appartenenti ai gruppi etnici che deriva dalle loro Costituzioni e dai loro ordinamenti interni e che ciascuna delle due parti realizza in maniera autonoma, ispirandosi anche ai princìpi della Carta delle Nazioni Unite, della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, della Convenzione sulla eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale e dei Patti Universali dei Diritti dell'Uomo, della Convenzione sulla eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale e dei patti Universali dei Diritti dell'Uomo.

Animate dal desiderio di manifestare, attraverso il presente trattato, l'intenzione comune di intensificare, nell'interesse dei due Paesi, i rapporti esistenti di buon vicinato e di cooperazione pacifica,

Convinte parimenti che ciò contribuirà al rafforzamento della pace e della sicurezza in Europa,
Hanno convenuto quanto segue:

ARTICOLO 1
La frontiera tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia, per la parte che non è indicata come tale nel trattato di Pace con l'Italia del 10 febbraio 1947 (1), è descritta nel testo di cui all'Allegato I e tracciata sulla carta di cui all'Allegato II del presente trattato. In caso di divergenza fra la descrizione della frontiera e carta, farà fede il testo.

ARTICOLO 2
La frontiera fra i due Stati nel Golfo di Trieste è descritta nel testo di cui all'Allegato III e tracciata sulla carta di cui all'Allegato IV del presente trattato.
In caso di divergenza fra la descrizione della frontiera e carta, farà fede il testo.

ARTICOLO 3
La cittadinanza delle persone che alla data del 10 giugno 1940 erano cittadini italiani ed avevano la loro residenza permanente sul territorio di cui all'articolo 21 del Trattato di Pace con l'Italia del 10 febbraio 1947, come pure la cittadinanza dei loro discendenti, nati dopo il 10 giugno 1940, è regolata rispettivamente dalla Legge dell'una o dell'altra delle Parti, a seconda che la residenza delle suddette persone al momento dell'entrata in vigore del presente Trattato si trovi nel territorio dell'una o dell'altra delle Parti. (2)
Le persone che fanno parte del gruppo etnico italiano e le persone che fanno parte del gruppo etnico jugoslavo, alle quali si applicano le disposizioni del comma precedente, hanno facoltà di trasferirsi rispettivamente nel territorio italiano e nel territorio jugoslavo, alle condizioni previste dallo scambio di lettere di cui all'Allegato VI del presente Trattato.
Per quanto riguarda le famiglie, verrà tenuto conto della volontà di ciascuno dei coniugi e, nel caso in cui questa fosse coincidente, non sarà tenuto conto dell'eventuale diversa appartenenza etnica dell'uno o dell'altro coniuge.
I figli minori seguiranno l'uno o l'altro dei loro genitori, in conformità con la normativa di diritto privato, applicabile in materia di separazione, nel territorio dove i genitori hanno la loro residenza permanente al momento dell'entrata in vigore del presente Trattato.

ARTICOLO 4
I due governi concluderanno, al più presto possibile (3), un Accordo relativo ad un indennizzo globale e forfettario che sia equo ed accettabile dalle due Parti, dei beni, diritti ed interessi delle persone fisiche e giuridiche italiane, situati nella parte del territorio indicata all'articolo 21 del Trattato di Pace con l'Italia del 10 febbraio 1947, compresa nelle frontiere della Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia,  (4) che hanno fatto oggetto di misure di nazionalizzazione o di esproprio o di altri provvedimenti restrittivi da parte delle Autorità militari, civili o locali jugoslave, a partire dalla data dell'ingresso delle Forze Armate Jugoslave nel suddetto territorio.
A tale fine i due governi inizieranno negoziati entro il termine di due mesi a partire dalla data dell'entrata in vigore del presente Trattato.
Nel corso di questi negoziati i due governi esamineranno con spirito favorevole la possibilità di lasciare, in un certo numero di casi, gli aventi diritto che faranno domanda entro un termine da stabilire, la libera disponibilità dei beni immobili sopra menzionati, i quali siano già stati affidati in uso o in amministrazione ai membri vicini della famiglia del titolare, o in casi simili.

ARTICOLO 5
Al fine di regolare la materia delle assicurazioni sociali e delle pensioni di vecchiaia delle persone indicate all'articolo 3 del presente Trattato, le due parti concluderanno appena possibile un accordo relativo alle questioni che, secondo il Protocollo Generale del 14 novembre 1957, non sono già regolate dall'Accordo stipulato fra di esse in pari data.
A questo fine i due Governi inizieranno negoziati entro un termine di due mesi a partire dalla data dell'entrata in vigore del presente Trattato.
Fino alla conclusione dell'Accordo previsto al primo paragrafo di questo articolo, la salvaguardia degli interessi delle persone che attualmente godono di assicurazioni sociali e di pensioni di vecchiaia e che rientrano nel novero di quelle indicate all'articolo 3 del presente Trattato, è assicurata dalle misure che figurano all'Allegato IX del presente Trattato.

ARTICOLO 6
Le due parti confermano la loro volontà di sviluppare ulteriormente la loro cooperazione economica con l'obiettivo, in particolare del miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni di frontiera dei due Paesi.
A questo fine esse hanno simultaneamente stipulato un Accordo sullo sviluppo della cooperazione economica.

ARTICOLO 7
Alla data dell'entrata in vigore del presente Trattato il Memorandum d'intesa di Londra del 5 ottobre 1954 e i suoi allegati cessano di avere effetto nelle relazioni tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia. (5)
Ciascuna parte ne darà comunicazione al Governo del Regno Unito di Gran Bretagna e dell'Irlanda del Nord, al Governo degli Stati Uniti d'America ed al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, entro un termine di trenta giorni a partire dall'entrata in vigore del presente Trattato. (6)

ARTICOLO 8
Al momento in cui cessa di avere effetto lo Statuto Speciale allegato al Memorandum d'intesa di Londra del 5 ottobre 1954, ciascuna parte dichiara che essa manterrà in vigore le misure interne già adottate in applicazione dello Statuto suddetto e che essa assicurerà, nell'ambito del suo diritto interno al mantenimento del livello di protezione dei membri dei due gruppi etnici rispettivi previsto dalle norme dello Statuto Speciale decaduto.

ARTICOLO 9
Il presente Trattato sarà ratificato appena possibile ed entrerà in vigore alla data dello scambio degli strumenti di ratifica (7) simultaneamente con l'Accordo firmato in data odierna, riguardante lo sviluppo della cooperazione economica fra i due Paesi. Lo scambio degli strumenti di ratifica avrà luogo a Belgrado.

Fatto a Osimo (Ancona) il 10 novembre 1975 in due originali in lingua francese

Per il Governo della Repubblica Italiana: M. Rumor.

Per il Governo della R. S. F. di Jugoslavia: M. Minic.


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(1) non so chi sia l'autore di questa formula, Bisogna riconoscergli il merito di una fervida fantasia. E' sublime infatti riuscire ad inventare un giro di parole del genere, solo per evitare di scrivere parole che non si potevano scrivere senza far alzare troppe orecchie.
La dizione normale che ci si aspetterebbe è infatti qualcosa del tipo "Il territorio del disciolto Territorio Libero di Trieste viene diviso tra Italia e Yugoslavia, osservando i seguenti confini [...]", o qualcosa del genere.
Ma non potevano scriverlo, perché questo avrebbe immediatamente sollevato vibrate proteste internazionali... ed allora ecco questo stratagemma: non si dissolve il TLT, anzi, non lo si cita nemmeno! Ci si limita a ridefinire la frontiera tra Italia e Yugoslavia "per la parte che non è indicata come tale nel trattato di Pace con l'Italia del 10 febbraio 1947". Come se non fosse stata "indicata come tale" per un mero refuso, per una distrazione di chi ha redatto il trattato di pace... si, casualmente la nuova frontiera taglia in due il Territorio Libero di Trieste, ma è un caso, una quisquilia, una pinzillacchera...

(2) anche qui il redattore sfoggia la sua fantasia sintattica. La frase  "persone che alla data del 10 giugno 1940 erano cittadini italiani ed avevano la loro residenza permanente sul territorio di cui all'articolo 21 del Trattato di Pace con l'Italia del 10 febbraio 1947" è solo un mostruoso giro di parole per evitare di scrivere "I cittadini del Territorio Libero di Trieste".
L'impossibilità di scrivere "Territorio Libero di Trieste" li porta al punto di doverlo definire come "territorio di cui all'articolo 21 del Trattato di Pace con l'Italia del 10 febbraio 1947"
Fanno perfino tenerezza, in questa loro impossibilità a scrivere (e forse anche a pronunciare) il proibitissimo termine "Territorio Libero di Trieste". Mi ricordano Fonzie che non riesce a pronunciare la frase "Ho sbagliato"...

(3) il concetto di "più presto possibile" è ovviamente personale. Tant'è che questi accordi in realtà ancora oggi non sono del tutto conclusi...

(4) "le persone fisiche e giuridiche italiane, situati nella parte del territorio indicata all'articolo 21 del Trattato di Pace con l'Italia del 10 febbraio 1947, compresa nelle frontiere della Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia," si sarebbe potuto più semplicemente scrivere "le persone fisiche e giuridiche di etnia italiana della zona B del Territorio Libero di Trieste". Ma, come abbiamo detto, "Territorio Libero di Trieste" non si può scrivere...

(5) Anche questa frase è un capolavoro. Non "Alla data dell'entrata in vigore del presente Trattato il Memorandum d'intesa di Londra del 5 ottobre 1954 e i suoi allegati cessano di avere effetto" ma "cessano di aver effetto nelle relazioni tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia." E' un capolavoro, chi lo ha scritto è un genio.
La prima formulazione (che sarebbe quella che ci si potrebbe ragionevolmente aspettare in un trattato internazionale) era infatti improponibile: Italia u Yugoslavia non potevano semplicemente tra di loro annullare un accordo che era firmato anche da altre nazioni. Con quel "nelle relazioni tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia" invece non disconoscono la validità del Memorandum di Londra, ma si limitano a specificare che nelle relazioni tra Italia e Jugoslavia non ha più effetto, ovviamente, se mai ad esempio la Gran Bretagna dovesse nuovamente farsi viva, allora invece il memorandum sarà sempre valido...

(6) Non so se e quando Italia e Jugoslavia abbiano dato questa comunicazione a Gran Bretagna, Irlanda del Nord e Stati Uniti d'America. Quel che è certo è che lo comunicarono al Segretario (e non al Consiglio di Sicurezza) delle Nazioni Unite appena nel 1977, ovvero due anni dopo la firma. Altro che "entro un termine di trenta giorni"!

(7) il trattato di Osimo è stato ratificato dall'Italia il 14 marzo 1977 (un anno e mezzo dopo la firma... in Italia c'è uno strano concetto di "appena possibile).
La Jugoslavia invece non lo ha mai ratificato.
Quindi, non c'è mai stato lo "scambio degli strumenti di ratifica". E ne consegue che il trattato di Osimo non è mai entrato formalmente in vigore.

il trattato di Osimo - 2 - storia

Osimo è un trattato anomalo fin dalla sua nascita.

Per un trattato internazionale, è evidente che gli organi competenti sono il Ministero degli Esteri ed il Ministero del Commercio Estero.
Per il trattato di Osimo invece no: è creatura nata e cresciuta in seno al Ministero dell'Industria.

Vediamo come avvenne.
Anno 1962: il ministro degli esteri (Fanfani), per vari motivi, non poteva dialogare con il proprio omologo yugoslavo (ciò magari avrebbe reso opportuno la scelta di qualcun altro come ministro degli esteri; ma in Italia, si sa, la ragion politica è ben superiore alla ragion di stato. Ciò comporta che in italia, dal 1947, la politica estera è sempre stata subordinata alla politica interna).
Questo semplice fatto congelò qualsiasi trattativa con la Yugoslavia fino al 1968.
Tito si sentiva minacciato a nord dall'Unione Sovietica (è l'anno della primavera di Praga), e temeva che l'Italia approfittasse di un attacco russo alla Yugoslavia per rioccupare militarmente l'Istria. (1)
Quindi, l'ambasciatore italiano a Belgrado approfitta della situazione per proporre a Tito un accordo in 18 punti (veramente originariamente erano 17: il diciottesimo venne aggiunto per pura scaramanzia. Eh, la diplomazia è roba seria...)
Precisamente si trattava di "acque interne, acque del Golfo, passaggi nell'Adriatico, strada nel Collio, minoranze, ed altre cose ancora, tra le quali una mini-zona franca da porsi verso il Golfo di Muggia, su due valloni in zona yugoslava" (2)
Nel 1969 in Italia va al governo Aldo Moro, e le trattative con la Yugoslavia tornano in alto mare: Moro vorrebbe un  ampio consenso politico interno per le trattative (figuriamoci...), Tito lo ritiene troppo nazionalista, inoltre vorrebbe ridurre i 18 punti programmatici dell'accordo a 4 o 5.
Inoltre, cominciano i CSC (Colloqui per la Sicurezza dei Confini), che sembrano allontanare lo spettro di un'invasione militare italiana della zona B: ed allora, perché preoccuparsi?
Tra un tergiversare e l'altro, si arriva al 1973.
Ci sono ulteriori incontri italo-yugoslavi, ed i 18 punti vengono definitivamente ridotti a 5.
A gestire questi contatti è, come è naturale, il ministero degli Esteri. Ma cominciano gli intrighi di palazzo: il governo stabilisce che, nel caso il ministero degli esteri non riesca a concludere l'accordo entro sei mesi (!!!), il tutto passerà alla gestione del dott. Carbone, del ministero dell'industria.
I mesi passano, e cambia anche il ministro degli esteri: Aldo Moro.
Le trattative corrono il rischio di arenarsi nuovamente, e quindi vengono scippate al ministero degli esteri ed affidate a Carbone.

A Carbone fu affidato un "progetto unitario", del quale non si conoscono però le linee-guida (è lecito chiedersi se le conoscesse almeno lui: non è da escludersi infatti che questo "progetto unitario" fosse solo un'accozzaglia contraddittoria di affermazioni di principio).
Carbone comincia le trattative, e visto che ha molta fiducia negli ambienti italiani (pare che i servizi italiani non fossero in grado di garantire la segretezza dei colloqui), decide di condurle completamente in Yugoslavia.
Carbone incontra le prime difficoltà: una zona franca CEE può estendersi in una nazione non-CEE come la Yugoslavia? La diplomazia italiana lo rassicura: si può, si può... (non vi ricorda qualcosa di più recente?)
La Yugoslavia non è disposta però a cedere la zona dei due valloni dietro a Muggia. vabbeh, non è un problema: serve a qualcosa quella pietraia del Carso, tra Basovizza e Sesana? No, tutto inutile bosco, utile al massimo per farci una discarica... via, trovato il posto per la zona industriale!
Arriviamo così al 1975, al ministero degli esteri subentra Rumor, ma la cosa è irrilevante: carbone è ormai indipendente, ed il 10 novembre 1975 gli accordi vengono firmati.
Un anno e mezzo dopo, il 14 marzo 1977, il trattato sarà ratificato dall'Italia.
Dalla Yugoslavia e dall'ONU invece non è mai stato ratificato.






(1) dovremmo domandarci perché gli stati confinanti sono sempre così malfidenti nei confronti dell'Italia... in fondo, cosa ha fatto di male l'italia? Nella prima guerra mondiale ha rotto l'alleanza con l'Austria-Ungheria per poi dichiararle guerra. Nella seconda ha rotto l'alleanza con la Germania per scendere a fianco degli Alleati....

(2) prenderò come riferimento, qui e più avanti, da "La verità su Trieste", di Alvise Savorgnan di Brazzà - ed. Lint, Trieste 1980
Si tratta di un testo di matrice fortemente filo-italiana e quindi, nel mio contesto e per i fini del mio discorso, al di sopra di ogni sospetto.

il trattato di Osimo - 1 - introduzione

Spesso, si sente affermare che "Trieste è tornata all'Italia con Osimo", che "con Osimo l'Italia ha riacquistato la sovranità su Trieste", e sciocchezze del genere.
Ho spesso avuto modo di constatare che, chi affermava questo, spesso il trattato non lo aveva mai neppure letto; talvolta, ne conosceva solo superficialmente i contenuti, e si limitava a ripetere pappagallescamente quanto aveva letto su un giornale o un volantino...

Vediamo di fare un po' di luce, perché così almeno, sapendo di cosa si parla, un qualche confronto dialettico ha senso. Viceversa, ovviamente no.
Inoltre, come vedremo, semplicemente leggendo e contestualizzando questo fantomatico "trattato di Osimo", molte  discussioni perderanno la loro ragion d'essere, perché l'insussistenza di determinate tesi sarà palese.

Mi riprometto di dividere questo argomento in 5 post separati:
1 - introduzione (questo)
2 - storia del trattato
3 - testo commentato del trattato
4 - testo commentato dell'accordo economico
5 - conclusioni

Buona lettura a chi avrà la pazienza di seguirmi.

Chi pagherà le pensioni nel TLT?

Uno degli argomenti più gettonati da chi rema contro al Territorio Libero di Trieste è quello delle pensioni.
La percentuale di pensionati a Trieste è altissima, molto più alta che non in Italia (questo anche a causa della fortissima emigrazione di popolazione subita da Trieste nel corso dell'amministrazione provvisoria italiana: di nuovo, grazie Italia!)

La vexata questio è, in soldoni: "chi pagherà le pensioni nel TLT?"
Bene, questo argomento è tirato fuori o da chi non ha ben presente di come funzioni il meccanismo delle pensioni in Italia, oppure da chi è in malafede.
Sui secondi non c'è molto da fare: sbugiardiamoli ed ignoriamoli.
Per i primi, vediamo di chiarire le cose.

Sei un pensionato INPS? Percepisci una pensione dall'INPS?

Bene, stai tranquillo: per te non cambierà assolutamente nulla!
Capita abbastanza frequentemente che un italiano, al momento di andare in pensione, decida di andarsene all'estero (o per scappare finalmente da quella gabbia di matti che è l'Italia, oppure semplicemente perché la pensione italiana in italia lo costringerebbe a frugare tra i rifiuti, mentre gli permette di vivere più dignitosamente in altre parti del mondo).
Questo è un caso ben previsto e ben gestito dall'INPS. Semplicemente, invece che andare tu all'estero, sarà l'estero a venire da te... e l'INPS continuerà a corrispondere regolarmente la tua pensione presso la tua banca (che, per quanto riguarda l'INPS, sarà diventata una banca estera: ma non è un problema).
Oppure, se lo preferisci, potrai continuare a farti pagare la pensione in una banca italiana.
oppure fartela pagare in una banca del Territorio Libero di Trieste, già convertita in quella che sarà la valuta locale (forse sarà l'Euro, forse sarà una valuta nuova: la Lira Triestina, Il Tallero, il Boro, la Flica, la Pila... indifferente...)
Ho detto che "per te non cambierà assolutamente nulla"... ma in realtà qualcosa cambierà: in meglio.
La tua pensione infatti non sarà soggetta alle assurde e sproporzionate imposte italiane, ma a quelle del Territorio Libero di Trieste: molto più modeste, e probabilmente anche azzerate sulle pensioni più basse.



Sei in procinto di andare in pensione?

La situazione è un po' più complicata, ma ancora più vantaggiosa.
Partiamo infatti da un principio: uno dei tanti errori di cui il governo italiano è responsabile, nella mala-amministrazione del Territorio Libero di Trieste, è quello di non aver costituito (come avrebbe dovuto) un ente previdenziale autonomo, riservato esclusivamente ai cittadini del TLT. Se lo avesse fatto, tutto sarebbe più semplice... e, soprattutto, tutti i triestini attualmente pensionati godrebbero di pensioni più alte.
Invece il governo italiano ha preferito buttare tutti i contributi nell'enorme calderone dell'INPS, utilizzandoli anche a scopi che nulla hanno a che fare con le pensioni dei triestini.
Quali le possibili soluzioni?

Prima soluzione: viene creato un apposito ente previdenziale per il Territorio Libero di Trieste, e l'INPS rimborsa a questo tutti i contributi pagati dai cittadini del Territorio Libero di Trieste e che non hanno ancora maturato la pensione.
In realtà, anche se appare complicata, è la soluzione più semplice, ragionevole ed immediata.
Il "rimborso" non avverrà in contanti (che l'INPS non ha...), ma attraverso la cessione di una parte del patrimonio immobiliare INPS.
Quindi, l'Ente Previdenziale del TLT diventerà proprietario di una serie di palazzi, sparsi in giro per l'Italia, e saranno questi a garantire le pensioni dei triestini che hanno avuto la disgrazia di lavorare sotto l'amministrazione italiana.
Altro vantaggio: qualunque sia il meccanismo previdenziale che si deciderà di realizzare ed attuare nel TLT, non potrà mai essere cervellotico e sfavorevole come quello italiano. (per dirne una: avete lavorato alcuni anni come commercianti, alcuni anni come co.co.pro., alcuni anni come dipendenti? Bene, in Italia i vostri contributi finiscono in tre "cassetti" differenti, sono praticamente impossibili da cumulare, ed al momento di andare in pensione dovrete decidere: ci vado come dipendente, come commerciante o come co.co.pro.? Se decidete di andarci, per esempio, come dipendente, solo ed esclusivamente i contributi versati come dipendente concorreranno al calcolo della vostra pensione, Gli altri contributi versati come co.co.pro. e commerciante saranno un vostro gentile omaggio all'INPS, e non concorreranno neppure per un centesimo alla vostra pensione.)
Credo che l'italia sia l'unico posto al mondo in cui qualcosa di così folle sia possibile.
Nel TLT invece (come in qualsiasi altro stato del mondo) tutti i contributi versati (o rimborsati dall'INPS) verranno imputati cumulativamente al lavoratore, indifferentemente se li ha versati come dipendente, co.co.pro., commerciante, agente di commercio o che.

Seconda soluzione: l'INPS rimborsa ad ogni singolo lavoratore del TLT la massa di contributi che ha già versato. Poi il singolo lavoratore decide liberamente che farsene:

  • affidarlo all'ente previdenziale del TLT
  • tesaurizzarlo o investirlo privatamente 
  • affidarlo ad un fondo pensione
  • investirlo in immobili, titoli di stato, obbligazioni
  • spenderlo come se non ci fosse un domani (in osteria , al casinò, in viaggi... indifferente)
(Questa tecnica viene adottata talvolta oggi con i lavoratori extracomunitari che, dopo qualche anno di lavoro in Italia, tornano all'estero).

 Lavori da pochi anni, e per te la pensione è solo un lontano miraggio?

Tranquillo: tu, anche se restassi in italia a lavorare fino ad 80 anni, non vedrai MAI una pensione dall'INPS. Con il meccanismo contributivo attuale, l'INPS non sarà MAI in grado di pagare pensioni dignitose tra venti o più anni. Al massimo, riceverai una pensione sociale - indifferentemente quanti contributi tu abbia versato nel corso della tua vita.
Qualsiasi sia il trattamento previdenziale che riceverai nel TLT, non potrà che essere MOLTO migliore di quello che riceveresti in italia.


Dubbi, domande, perplessità?

Scrivetele nei commenti: sono lì apposta.


mercoledì 5 giugno 2013

parola di triestino


Il Corriere di Trieste, domenica 11 maggio 1952.
"La requisitoria di un triestino italiano contro i falsi difensori dell'italianità"
(di Fabio Cusin, trasposizione del suo discorso in vista delle elezioni del '52 come candidato del Blocco Triestino, partito pro TLT):

"Qui vi parla un triestino di nazionalità, di lingua, di cultura italiana. Vi parla da un microfono che gli è stato finora gelosamente vietato, come è normalmente vietato a tutti coloro che non appartengono ad una certa chiesa, anzi ad una certa consorteria. Vietato a coloro che pensano con la propria testa, agiscono secondo la loro coscienza, e sentono la Patria, ma anche la propria dignità di uomini, per cui non intendono prostituire i propri sentimenti a questo o a quel dogma, a questo o a quell'accorgimento politico. Un triestino come tanti che hanno sofferto per anni e continuano a soffrire di un'oppressione faziosa, per cui si sono chiesti il perché di questa oppressione tanto più amara in quanto viene da gente della propria lingua e della propria nazione.
Un triestino come tanti, che può vantare più di 200 anni di partecipazione della propria famiglia all'incremento della vita economica della Trieste moderna, nonché a quell'entità di valori morali e di capacità politiche che fu nel secolo scorso il "liberalismo europeo", di quell'audacia rinnovativa e disinteressata che fu allora nella nostra città il pensare ed il sentire nazionali. Compiacenza non vana nel ricordare questi precedenti! Noi stessi siamo essenzialmente un prodotto del nostro ambiente e chi ama la storia acquista più profonda coscienza di esso.
Per questa acquistata coscienza, chi vi parla non intende il termine indipendentismo come quello di un partito politico o di un sentimento sorto in odio all'una o all'altra parte nazionale, ma quale naturale prodotto di una speciale ambientazione
storica. Perché sappiamo che cosa significa questa nostra piccola grande città sul suo golfo, nell'estremo seno dell'Adriatico. Quale forza di attrazione essa fu della vita centro-europea. Quale punto di contatto di civiltà e di umane comprensioni!
Vorrei potervi leggere le pagine in cui il nostro grandissimo Domenico Rossetti depreca l'invasione e la conquista napoleonica, causa di squilibrio e di decadenza della funzione pacificatrice di questo centro cosmopolita. Vorrei potervi descrivere, a dispetto dei tanti, che questa storia hanno falsato, come e perché rimanemmo italiani; perché la lingua italiana dei nostri padri divenne lingua d'incontro e di intelligenza tra vari popoli; fu più che lingua nazionale perché ebbe una funzione internazionale. Per noi che dobbiamo difendere il buon nome d'Italia qui sui confini di tre popoli, di fronte agli stranieri che ci guardano sogghignando, ripetiamo ancora una volta: il fascismo non è l'Italia. Per noi italiani figli di italiani, l'Italia è un'altra cosa. Per noi che abbiamo avuto un'educazione religiosa dalla bocca di sacerdoti che non mescolavano quotidianamente interessi terreni con quelli divini, anche la religione è un'altra cosa. Le cifre hanno dimostrato la vanità dei discorsi che affermano non poter Trieste viver sola. Trieste deve vivere non da sola, ma con tutti, perché impedisca che la sua attività, la sua voglia di lavorare, sia bloccata da interessi che non sono i suoi.
Certo Trieste non potrà vivere se le sue ferrovie sono artificialmente rese infunzionabili, se il suo porto viene artificialmente enucleato, se non vi si devono più costruire navi o le navi del mondo non vi vengano più ad approdare. E' ciò che hanno fatto e che stanno facendo gli attuali dirigenti i quali ora chiedono l'eliminazione anche della provvisoria amministrazione anglo-americana, che ha salvato per questi anni a Trieste una prosperità, la quale scomparirebbe domani di colpo. Per questo fine hanno ancora il coraggio di chiedervi un voto ("intende i partiti italiani") che sanzioni la distruzione della nostra città. Quindi l'atteggiamento che prende il nome di indipendentismo è molto di più che una reazione politica: è quasi uno stimolo biologico di chi difende la propria esistenza."

lunedì 3 giugno 2013

la RAI ed il Territorio Libero di Trieste

Seguitemi in uno dei soliti noiosissimi (ma cionondimeno interessantissimi) viaggi nell'isterica legislazione italiana...


LEGGE 14 aprile 1956, n. 308
Approvazione ed esecuzione dell'Atto aggiuntivo stipulato tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni e la Societa' per azioni "R.A.I.-Radiotelevisione italiana" per la estensione al Territorio di Trieste della Convenzione 26 gennaio 1952, approvata con decreto del Presidente della Repubblica 26 gennaio 1952 n. 180, concernente la concessione in esclusiva alla R.A.I. dei servizi circolari di radio-audizione e di televisione. (GU n.107 del 3-5-1956 )

ve la risparmio tutta, e vi cito solo i passaggi più significativi:


Fra la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero  delle poste   e   delle   telecomunicazioni,   da   una   parte,    e    la R.A.I.-Radiotelevisione italiana, - Societa' per azioni, dall'altra;
    premesso  che,  con  Convenzione  approvata   col   decreto   del Presidente della Repubblica 26  gennaio  1952,  n.  180,  sono  stati concessi alla R.A.I. i servizi di radio-audizione  e  di  televisione
circolari in esclusiva, quello di telediffusione su  filo  e  quello, senza esclusiva, di radiofotografia circolare su tutto il  territorio nazionale;
    premesso che nella detta Convenzione è  prevista  la  estensione della  concessione  stessa  a   territori   posteriormente   affidati all'Amministrazione italiana, quale è  il  caso  del  Territorio  di Trieste;     considerata la particolare situazione del Territorio di Trieste e riconosciuta l'opportunità di regolare con  un  atto  aggiuntivo  il servizio delle radio-audizioni  nel  Territorio  predetto,  anche  in relazione alla soppressione dell'Ente Radio Trieste; 
    si conviene e si stipula quanto segue: [...]

Seguono una serie di articoli, che regolamento lo smembramento e la liquidazione dell'Ente Radio Trieste (sostituito dalla RAI), e che regolamento i rapporti tra RAI e Commissariato generale di Governo per il Territorio di Trieste.

Interessante (vedremo dopo perché) l'art. 3:


Art. 3.    La R.A.I. inserira' nei suoi  programmi  trasmessi  dalle  stazioni radiofoniche triestine notiziari giornalistici regionali e  programmi di carattere locale in lingua italiana per la durata  complessiva  di tre ore giornaliere.   La R.A.I. inoltre provvedera'  ad  effettuare  la  trasmissione  di notiziari e programmi  in  lingua  slovena  per  mezzo  dell'apposita stazione triestina di cui all'allegato A. 


In particolare, l'ultimo articolo:


 Art. 11.
Alla cessazione del  Commissariato  generale  del  Governo  per  il Territorio di Trieste, o nel caso di  sua  trasformazione,  ulteriori accordi verranno stipulati fra le parti contraenti  per  regolare  le materie trattate dalla presente Convenzione. Questa,  nel  frattempo, continuerà ad avere vigore, in quanto applicabile. 

Riassumiamo:

  • si parla del Territorio di Trieste, si dice che lo stesso è affidato all'Amministrazione italiana, si sottolinea che questo territorio è in una "situazione particolare"
  • vengono regolamentati i rapporti tra RAI e Commissariato di Governo
  • si stabilisce che, alla fine del Commissariato di Governo, verranno stipulati ulteriori accordi.
OK, dirà qualcuno, ma questo avveniva nel 1956, di acqua sotto i ponti ne è passata, ci sono state altre leggi, altri accordi, ecc. ecc.
Allora, a parte il fatto che il sito normattiva.it (www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1956-04-14;308!vig=) indica questo testo come testo attualmente in vigore, facciamo un salto di un po' di anni, ed andiamo all'11 giugno 1997.
Viene firmata una convenzione RAI - Governo Italiano che, sostanzialmente, rifinanzia l'attività della RAI nel Territorio Libero di Trieste, richiamandosi espressamente ed esplicitamente alla legge 308/56!

Non solo, in questa convenzione si richiama il  decreto  del Presidente  della Repubblica  28 marzo 1994 pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale n. 188  del 12 agosto1994 con il quale "è stata rinnovata la convenzione tra il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni  e la  RAI  - Radiotelevisione  italiana S.p.a.  di
durata ventennale  per la  concessione in  esclusiva del  servizio di diffusione  circolare di  programmi sonori  e televisivi  sull'intero territorio  nazionale   che  richiama  all'art.  19   le  prestazioni aggiuntive di cui sopra e' cenno;"

E cosa recita questo articolo 19?

Art. 19.
                       Prestazioni aggiuntive
   1. Le prestazioni aggiuntive, di cui all'art. 19, lettere b) e c), della  legge  14  aprile  1975,  n.  103,  e le relative condizioni e modalità, sono  regolate  con  le  apposite  convenzioni  aggiuntive previste  dall'art. 20 della stessa legge, da rinnovare con l'entrata in vigore della presente convenzione e da rinegoziare  alla  scadenza dei contratti di servizio triennali.

OK, andiamo a cercarci questa fantomatica legge 103/75:, che all'art. 19:


Art. 19
La  società  concessionaria,  oltre che alla gestione dei servizi in concessione, e' tenuta alle seguenti prestazioni:
    a)  a  sistemare,  secondo  piani tecnici approvati dal Ministero delle   poste   e   delle  telecomunicazioni,  le  reti  trasmittenti televisive  nelle  zone  di  confine  bilingui, per renderle idonee a ritrasmettere programmi di organismi esteri confinanti; ad attuare la ristrutturazione  ed  assumere  la  gestione  degli impianti di terzi
eventualmente  ad essa affidati, esistenti in dette zone alla data di entrata in vigore della presente legge;
    b)  a  predisporre  annualmente, sulla base delle direttive della Presidenza   del  Consiglio  dei  Ministri,  sentita  la  Commissione parlamentare  per  l'indirizzo  generale  e  la vigilanza dei servizi radiotelevisivi,  programmi  televisivi  e  radiofonici  destinati  a stazioni radiofoniche e televisive di altri Paesi per la diffusione e la  conoscenza  della  lingua e della cultura italiana nel mondo e ad effettuare,  sentita la stessa Commissione parlamentare, trasmissioni radiofoniche speciali ...
    c) ad effettuare trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua tedesca  e ladina per la provincia di Bolzano, in lingua francese per la regione autonoma Valle d'Aosta ed in lingua slovena per la regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.

Allora, scopriamo quindi che in un qualche momento quelle che, nella legge del 1956, erano le trasmissioni locali in italiano e sloveno per il Territorio di Trieste, diventano (pur sempre richiamando questa stessa legge) nel frattempo le "trasmissioni in lingua slovena per la regione autonoma Friuli-Venezia Giulia".
Misteri della creatività legislativa...

Ahm per inciso. in nessuna di queste leggiucole sono riuscito a trovare una qualche mezza riga che specifichi che i cittadini del Territorio Libero di Trieste sono obbligati a pagare il canone RAI: voi forse ci riuscite?