mercoledì 26 marzo 2014

A Trieste, la democrazia è un optional


Si ha sempre più l'impressione che a Trieste "democrazia" sia un concetto vago ed interpretabile in varia maniera, a seconda delle circostanze. "Due pesi e due misure", insomma.
E lo stesso vale anche per il concetto "rispetto della legge".

Ma questo non è certamente un male recente, eh!

Andiamo ad esaminare un attimo questi documenti parlamentari del 1958: e facciamolo ricordando che l'Italia aveva acquisito da soli quattro anni l'amministrazione civile provvisoria del Territorio di Trieste...



Atti Parlamentari della Camera dei Deputati
III Legislatura, seduta del 31 ottobre 1958
Interrogazione 
VIDALI: al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'Interno
per conoscere se sono informati sulla proibizione fatta, con ordinanza del commissario generale del Governo, dottor Palamara, di un comizio elettorale in piazza dell'Unità d'Italia, nel corso del quale doveva prendere la parola, con il senatore Scocimarro, un oratore sloveno.
L'interrogante rileva la gravità di questo provvedimento, che contravviene ai dettati costituzionali, in quanto concerne il diritto della minoranza di lingua slovena di fare uso della loro lingua, come pure contrasta con gli impegni presi dal Governo italiano col Memorandum di Londra del 5 ottobre 1954. Il provvedimento rappresenta pure una inammissibile limitazione ai diritti democratici dei partiti politici nella campagna elettorale.
E' la seconda volta che il commissario generale del Governo emette ordinanza a questo proposito, dimostrando di subire la pressione delle forze politiche di destra, di elementi sciovinisti, ai quali egli attribuisce ingiustificatamente la rappresentanza della "maggioranza della cittadinanza"; tale suo atteggiamento oltre a non avere precedenti nella storia del dopoguerra triestino, non ha, fortunatamente, alcun precedente neppure in altre regioni italiane a composizione nazionale mista, ove le minoranze esercitano liberamente i loro diritti nazionali.
L'interrogazione rinnova pertanto la sua richiesta al Governo, affinché il commissario generale sia invitato a desistere da atteggiamenti antidemocratici e faziosi in senso antislavo, e ad adempiere al suo dovere di garantire pari diritti a tutti i cittadini di Trieste, indipendentemente dalla loro nazionalità. 
RISPOSTA: il provvedimento di divieto per lo svolgimento del comizio in lingua slovena nella piazza Unità d'Italia in Trieste venne addottato ai sensi dell'articolo 2 della legge di pubblica sicurezza del commissario generale del Governo, per motivi di grave necessità pubblica, in quanto il comizio stesso avrebbe dato luogo a vivaci reazioni da parte della popolazione italiana per la quale quella piazza, teatro delle principali manifestazioni patriottiche, è il simbolo della italianità di Trieste.
Il comizio, comunque, si svolse regolarmente nello stesso giorno in altra località della città.

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